Camicia bianca, decine di braccialetti tibetani al polso, sorriso sornione e un saluto sul blue carpet che sembra quasi una benedizione: Richard Gere è arrivato a Giffoni! Non avrà avuto ragazze a fare la notte in Cittadella per lui, ma un pubblico così folto e agguerrito non si era ancora visto: dopo tutto parliamo di un gigante del cinema e finalmente anche le mamme dei giurati sono state accontentate.
Parla di pace, amore e dei suoi progetti, che a 64 anni sono ancora tanti e interessanti.
“Sono molto molto contento di essere qui a Giffoni!Sono onorato di essere ospite in un festival in cui si realizza una cosa importantissima: mettere in relazione i ragazzi di tutto il mondo, un elemento che avrà in futuro un impatto positivo per l’intero pianeta”, commenta Gere, insignito del premio più importante del Festival.
La sua gentilezza salta all’occhio, un vero (ufficiale e) gentiluomo: fa i complimenti all’interprete, si presenta a tutti (come se fosse l’ultimo arrivato) e versa l’acqua a Manlio, presentatore del Festival. Un’atteggiamento positivo nato dal senso di responsabilità dell’essere famoso: “C’è una cosa particolare che succede all’inizio della carriera di un attore, ovvero essere il più creativo possibile nelle scelte che prendi. E poi diventi famoso. Non per forza l’essere attore e l’essere famoso devono andare insieme, ma succede. Le persone ti iniziano a seguire e ti ascoltano, anche magari quando non dovrebbero. Dai le risposte senza pensare che poi qualcuno ti prenderà sul serio e quindi cominci a porti il problema della vera responsabilità di quelle parole e dell’impatto che potrebbero avere nel mondo.” commenta Gere durante l’incontro con la giovane giuria,“Questo senso di responsabilità è un continuo processo di realizzazione, lo stesso che state vivendo voi, e mio figlio Homer e il suo amico Daniel che sono qui in sala con me: state capendo che volete fare, che persona volete essere. E succede anche a me che ho 64 anni, mi sveglio ogni mattina e penso sempre, Come faccio ad avere una vita che abbia un senso?Come faccio ad essere vero e sincero con me stesso? Come faccio a fare qualcosa di positivo? Se non positivo, devo almeno riuscire a non fare del male a nessuno. Ma questo succede ogni giorno: ogni respiro che prendi è importante e genera una sorta di energia che parte proprio dal nostro senso di responsabilità nei confronti della nostra famiglia intesa come genere umano.”
Spera di tornare in Italia per presentare il suo ultimo film Time Out Of Mind al Festival del Film di Roma (dopo il Festival di Toronto), di cui è molto orgoglioso. Nel film Gere interpreta un barbone, ruolo in cui si calò dalla testa ai piedi alla fine di quest’inverno: le foto di lui a terra nella Grand Central Station di New York fecero il giro del mondo lo scorso aprile quando una turista francese gli regalò della pizza avanzata per poi accorgersi che aveva davanti il protagonista di Pretty Woman. “Mi sono messo in contatto con un associazione di New York per capire la situazione dei senza tetto al meglio. La sceneggiatura originale è stata scritta 25 anni fa. Da allora possono essere cambiati dettagli ma i problemi interiori di quel mondo sono sempre gli stessi. Nel film abbiamo voluto rappresentare il processo di transizione per diventare homeless e tutta la burocrazia che ne consegue”.
Richard Gere si mostra al Festival come il grande uomo che è,pieno di messaggi che possono inspirare i giovani cinefili. Fosse per lui eliminerebbe la violenza dai film: “Putroppo è il pubblico che la richiede, vuole vedere quella al cinema. Quando ho iniziato a fare film io negli anni’70 le grandi case di produzione facevano film più intimi. Ora quelle producono i grandi blockbuster, mentre i film più pieni di sentimento hanno un basso budget. Eliminerei la violenza, e manterrei solo il sesso. Che presto capirete deve andare di pari passo con l’amore.”