Olimpiadi è ovviamente sinonimo di sport, ma non soltanto: attorno a questa parola c’è un senso di pace, serenità, di fratellanza, un messaggio che tende a unire ogni volta i popoli del mondo. È grazie ai giochi olimpici che culture diverse e lontane possono convivere e sfidarsi, nel nome della lealtà ovviamente. Capita così di vedere a Rio 2016 le giocatrici di beach volley con il velo da una parte della rete e in bikini dall’altra, oppure di sentire storie come quella che ha coinvolto l’atleta neozelandese Nikki Hamblin e l’americana Abbey D’Agostino.
Le due ragazze stavano disputando una batteria di qualificazione dei 5.000 metri quando sono inciampate a 2.000 metri dall’arrivo. La D’Agostino è crollata a terra urlando dal dolore, la Hamblin ha continuato per un po’ la sua corsa, poi si è fermata ed è tornata indietro a soccorrere la collega.
Una scena di fratellanza che fa davvero bene allo sport, mettere da parte la competizione per aiutare un collega in difficoltà, tutt’altra storia rispetto alle brutte scene viste fra un atleta egiziano e un israeliano qualche giorno fa. Il primo ha rifiutato di stringere la mano al secondo dopo una sconfitta, una scelta sanzionata dal comitato olimpico e bollata come anti-sportiva e contraria allo spirito dei giochi.
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