Dall’11 maggio al 29 luglio la Ca’ Foscari Esposizioni dedica un’ampia rassegna, curata da Danilo Eccher, all’artista russo Valery Koshlyakov. Un allestimento, intitolato Valery Koshlyakov – Non smettiamo di costruire l’utopia.
Per l’artista è un ritorno in Laguna, dove è stato tra i protagonisti della Biennale di Venezia del 2003. Koshlyakov, che vive tra Parigi e Mosca, è in oltre presente con le sue opere in molte prestigiose collezioni: in Italia presso il Macro, in Francia è presente al Centre Pompidou di Parigi e, naturalmente, in alcuni dei principali musei di Stato russi come la Galleria Tret’jakov di Mosca o il Museo Russo di San Pietroburgo.
Un lavoro in perenne bilico fra speranza e realtà
Nato nel 1962 nel territorio del Rostov, nel 1988 Koshlyakov ha aderito al movimento ‘Arte o Morte’, un’associazione che riuniva i giovani artisti di una nuova stagione espressiva. Un nome che indicava lo spirito rivoluzionario che animava questi giovani protagonisti. Koshlyakov lascia tuttavia presto Mosca, per lavorare tra Berlino e Parigi, dando così l’avvio al suo successo internazionale.
Nei suoi lavoro si alternano simboli di città, di popoli, di epoche: tutti aspetti visionari di un’arte che non smette di rincorrere l’Utopia, sono memorie e fantasie che confondono la realtà di un paesaggio con il desiderio di un’apparizione.
Si tratti del Cremlino o di Notre Dame, del Colosseo o del Pantheon, di Place de la Concorde o di quella del Vaticano, dei frammenti di Pompei o delle architetture staliniane, ciò che suscita ammirazione sono sempre immagini in perenne bilico fra speranza e realtà. Opere all’apparenza colossali ed eterne nei dipinti di Koshlyakov assumono l’aspetto di meravigliose e fragili macerie.
La delicata e frangibile bellezza di Venezia nelle opere di Valery Koshlyakov
In tali visionarie creazioni di decadente potenza non poteva mancare l’immagine di Venezia, nella sua delicata e frangibile bellezza, contrappunto ideale per alcuni dei suoi ultimi grandi lavori. Nella mostra veneziana saranno infatti presenti opere che fanno riferimento alla città lagunare e ai suoi famosi Palazzi.
Opere di grandi dimensioni, che riecheggiano gli studi di scenografia per l’evidente capacità di ricostruire lo spazio, come quando mette in scena le Sette sorelle di Mosca, gli imponenti grattacieli paradigmi del classicismo socialista.
Nel lavoro di Valery Koshlyakov si può parlare in un certo senso di gigantismo. Un gigantismo paradossale che impiega materiali poveri e di scarto come cartoni, colla, scotch, plastica, colori di avanzo, cosicché le bellissime ‘vedute’ diventano esse stesse un allestimento di grande impatto visivo e di sicuro coinvolgimento.