Dal 23 giugno 2017 al 29 ottobre il MAXXI di Roma dedica dal una mostra monografica all’architetto novantaquattrenne Yona Friedman.
La mostra, nata dalla collaborazione con Power Station of Art di Shanghai, racconta il rapporto intenso e conflittuale tra la dimensione utopica del design e la sua realizzazione, attraverso il lavoro dell’architetto ungherese.
Yona Friedman: l’architetto utopico dell’architettura mobile
Figura di riferimento fondamentale per artisti e architetti, icona dell’architettura utopica del dopoguerra, Friedman negli anni Cinquanta ha concepito la teoria dell’architettura mobile, mettendo in discussione la visione modernista secondo cui gli abitanti devono adattarsi all’edificio e non viceversa.
A partire dal 1958, anno di concepimento del manifesto L’Architecture Mobile (a cui seguirono centinaia di pubblicazioni in Europa, America ed Asia), Yona Friedman infatti formula, e si fa promotore, dell’idea secondo cui colui che abita un luogo debba esserne l’unico ideatore e che, in quanto tale, abbia la facoltà di apportare modifiche personalizzate, muovendosi all’interno di una struttura reticolare.
I suoi progetti per la Ville Spatiale, in cui Friedman elabora proprio questo concetto di struttura reticolare, furono inizialmente accolti come utopistici, fino a quando la costruzione dell’edificio del Lycée Henri-Bergson ad Angers, frutto dell’auto-progettazione, insieme alla realizzazione di altri progetti di più modeste dimensioni, dimostrarono come si trattasse invece di un’architettura realisticamente realizzabile.