“Dalle sue mani sono uscite cose divine” così Fodor Dostoevskij descriveva l’arte di Raffaello Sanzio, tra i più celebri esponenti del Rinascimento Italiano, che in soli 37 anni rivoluzionò l’intera storia dell’arte occidentale.
Proprio il genio urbinate, dal 27 gennaio al 6 maggio, è protagonista della mostra Raffaello e l’eco del mito. Il nuovo progetto di Fondazione Accademia Carrara di Bergamo, in collaborazione con GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea. Una mostra che, a partire dal dipinto del San Sebastiano conservato in Carrara, approfondisce le opere e il mito cresciuto attorno al genio di Urbino in particolare nell’Ottocento, ma che ha affascinato, in forme diverse, artisti a noi vicini, dalle Avanguardie d’inizio Novecento fino a oggi.
Raffaello e l’eco del mito: punto di riferimento e oggetto di polemica nella storia dell’arte
In mostra, oltre 60 opere tra le quali alcuni tra i più significativi dipinti di Raffaello giovane fanno il punto sulla sua formazione, accompagnando il visitatore alla soglie della maturità.
Dipinti, sculture e testimonianze raccontano inoltre i mondi e i maestri con cui venne in contatto l’artista, dalla Urbino del padre, Giovanni Santi, a Perugino e Pintoricchio, mettendo a fuoco la sapiente capacità innovativa. Questa la dote che, insieme alla strepitosa maestria tecnica e alla controllata naturalezza, fa di Raffaello un punto di riferimento o un oggetto di polemica, come dimostrano alcune opere in mostra di Picasso, de Chirico, Giulio Paolini o Francesco Vezzoli.
L’esposizione di Bergamo, la prima nel solco delle celebrazioni del 2020 per il quinto centenario della morte, raccoglie prestiti straordinari provenienti dalle maggiori istituzioni museali italiane e internazionali, dalle Gallerie degli Uffizi di Firenze all’Hermitage di San Pietroburgo, dalla Pinacoteca di Brera alla Galleria Nazionale di Roma, dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia al Metropolitan Museum di New York, dalla National Gallery di Londra al Bode Museum di Berlino e al Pushkin di Mosca.