Dal 6 al 19 giugno 2018, Gilda Contemporary Art di Milano ospita Modeste eternità l’esposizione personale del fotografo milanese Alessandro Brasile.
La mostra, che si tiene in occasione di Milano Photoweek, presenta per la prima volta una serie di immagini realizzate dall’artista milanese in alcuni dei suoi viaggi di lavoro intorno al mondo, dall’Italia all’India, da Singapore al Portogallo, dal Brasile alla Spagna, dall’Inghilterra alla Francia sino all’Uzbekistan, che gli hanno permesso di raccogliere una serie d’immagini diverse da quelle commissionate come reporter fotografico.
Scatti che sono in grado di offrire uno spaccato significativo delle atmosfere vissute in prima persona, senza avere nessuna intenzionalità documentativa di stampo sociale, e nemmeno la pretesa di individuare delle categorie umane da analizzare come studio antropologico.
Alessandro Brasile, Modeste Eternità: il piacere di guardare la realtà che ci ruota intorno
“Modeste eternità – scrive Alessandro Trabucco nel testo critico che accompagna la rassegna – è un omaggio all’esistenza in quanto flusso continuo di incontri e interazioni, e Alessandro Brasile è parte integrante di queste “relazioni occasionali”, ne diventa protagonista indiretto, trovando nel proprio sguardo una chiave di lettura della realtà, mettendosi totalmente in gioco in quello che definisce il “mio personalissimo Gran Teatro del Mundo”, cercando di non farsi mai scorgere nel momento clou dello scatto, ottenendo in questo modo il massimo della sintonia con i personaggi che sta inquadrando col suo obiettivo”.
Ciò che più interessa ad Alessandro Brasile è il piacere di guardare la realtà che gli ruota intorno. Non vi è nulla di pianificato o progettato a tavolino; nelle sue fotografie, la vita si svolge senza condizionamenti o premeditazioni e i personaggi che ne diventano protagonisti sono attori inconsapevoli di una sceneggiatura improvvisata.
Le sue immagini, caratterizzate da colori intensi, con un elevato gusto pittorico e con illuminazioni misteriose, quasi caravaggesche, sono ottenute esclusivamente con la propria fotocamera digitale.
“Non sono fotografie da cavalletto – scrive ancora Trabucco -, o da apparecchio a soffietto, con tempi lunghi e con lastre 10×12, sono veramente immagini rubate e scattate in condizioni di stabilità precaria, realizzate da punti vista insoliti, spesso scelti per necessità contingenti la situazione. In questo senso l’aspetto decisivo non è tanto il trovarsi nel posto giusto al momento giusto, quanto essere l’artefice di tale condizione, non programmandone il compimento bensì sentendone in anticipo i richiami, la sensazione che qualcosa sta per accadere, pur non sapendo di preciso quando e come avverrà”.