La Fondazione Mudima ospita, dal 11 al 24 luglio, a Milano i lavori più recenti dell’artista giapponese Katsuro Kimura, molti dei quali realizzati appositamente per gli spazi della fondazione. La mostra comprende lavori su carta tradizionale giapponese e lavori su pannelli di legno o lavor’acqua come li definisce lo stesso artista. Lavor’acqua è una parola coniata per rappresentare la fusione tra il potere dell’acqua e le fluttuazioni del corpo.
Katsuro Kimura: lavori su carta tradizionale e su panelli di legno
Le carte Washi sono carte fatte a mano, prodotte con fibre vegetali, come da tradizione giapponese. L’artista interviene su di esse con polvere di grafite e bastoncini d’incenso. Il suo tratto è spontaneo e raffinato, gli sfumati si trasformano in materia pittorica. Sui pannelli di legno invece Katsuro Kimura ha voluto recuperare l’antica tecnica dell’affresco, sovrapponendo strati di materiale. Nella parte finale del processo lavorativo, l’artista applica della cera d’api alla superficie, ottenendo così più trasparenza. In questo modo la sua pittura è organicamente viva e trattiene le tracce e le vibrazioni di una natura cangiante.
Come scrive lo stesso artista “La natura parla sempre attraverso i suoi innumerevoli cambiamenti ed evoluzioni. Rampante, continuerà a sfidare gli esseri umani con la sua forza. Pensandoci, come un flusso silenzioso, ogni giorno ci fa provare contemporaneamente i sussulti del cuore o la calma della mente. Inutile dire che la convivenza empatica con ciascuna delle quattro stagioni mi ha regalato molti benefici. Mi sono fermato di fronte a questa grandiosa percezione del movimento spazio-temporale. Ho ascoltato, toccato e, come in un gioco silenzioso, il cuore ha iniziato a vibrare permettendomi di incontrare un’energia misteriosa che mi fa sentire l’armonia tra gioia e dolore. Senza dubbio il segno lasciato da quella sensazione è fonte della mia ispirazione. La situazione che si crea in quel “luogo”, portatrice del sistema di “inevitabilità del tutto’’, è più bella di qualsiasi artefatto che l’uomo possa produrre. Sull’opera stessa ripeto l’atto di porre (o sovrapporre) gli elementi plastici secondo il cambiamento di sostanza che si verifica nella fluttuazione dello spazio-tempo. Tentando di unificare la sensazione fisica conscia con quella inconscia, affidandomi al gioco delle forme che intercorre tra il breve spazio del- l’apparire e scomparire, elaboro autonomamente la mia espressione pittorica. Recente- mente, in questa sperimentazione, prendo a motivo il linguaggio (calligrafia). In particolare attraverso la stratificazione di antichi caratteri hiragana (uno degli alfabeti usati in Giappone), esploro quel “luogo”.