L’artista bambino Infanzia e primitivismi nell’arte italiana del primo Novecento
Le prime attestazioni di attenzione, da parte degli artisti, nei confronti dell’infanzia e delle sue espressioni grafiche trovano un importante antefatto nell’opera di Adriano Cecioni, così come nel Ritratto di Yorick di Vittorio Matteo Corcos, legato a una locandina per la conferenza fiorentina di Corrado Ricci su L’arte dei bambini del 1885, e nell’inconsueto dipinto Il fallimento di Giacomo Balla.
La mostra indaga inoltre gli espliciti arcaismi tratti dallo studio dei maestri del Duecento e del Trecento, che vede fra i precursori Alberto Magri, accompagnato dagli amici “apuani” Lorenzo Viani e Adolfo Balduini. Questa cerchia di artisti toscani giunge alla stilizzazione di derivazione infantile e medievale con notevole anticipo rispetto alle attestazioni critiche di Ardengo Soffici – grande estimatore di Henri Rousseau su “La Voce” nel 1910 – e di Carlo Carrà (Vita moderna e arte popolare, Parlata su Giotto, Paolo Uccello costruttore), i quali, fra il 1914 e il 1916, auspicavano nei loro articoli la volontà di tornare a “forme pure nello spazio”, consigliando agli artisti che desideravano recuperare, dopo l’esplosiva avanguardia futurista, una saldezza formale, di ispirarsi a stilemi tratti dall’arte popolare, infantile e medievale.
Proprio da questo nucleo di artisti toscani – afferma la curatrice Marchioni – la mostra parte per ricostruire la storia della regressione al linguaggio dell’infanzia nell’arte, che si avvia con Magri e Viani poco dopo la metà del primo decennio del Novecento e si diffonde fra una selezionata cerchia di artisti che ebbero modo di confrontarsi più o meno direttamente con queste espressioni formali