In un intervista del marzo 2012 Marina Abramović ha detto di lui “Non aveva paura di sbagliare o di cambiare da un mezzo espressivo all’altro. È questo il motivo per cui lo spirito di Remo Bianco era straordinario per me. Ecco perché mi piaceva“.
Dal 5 luglio al 6 ottobre il Museo del Novecento rende omaggio al grande artista italiano con la mostra Remo Bianco. Le impronte della memoria. Allestita negli Archivi del museo, e curata da Lorella Giudici, l’esposizione è promossa da Comune di Milano|Cultura e realizzata dal Museo del Novecento in collaborazione con la Fondazione Remo Bianco
Il progetto raccoglie e presenta al pubblico oltre 80 opere di Bianco, ripercorrendo tutte le fasi della ricerca dell’artista milanese e rappresentandone i percorsi di vita e di lavoro, intrecciati in un flusso di straordinaria energia creativa.
Remo Bianco. Le impronte della memoria. Oltre 80 opere che raccontano i quarant’anni di carriera di uno dei grandi artisti del secondo novecento italiano
Nella Milano del boom economico il giovane Remo Bianco conosce e frequenta il grande pittore Filippo de Pisis e il suo entourage. La sua sarà una vita da ricercatore solitario, come si era autodefinito, sempre pronto a sperimentare idee nuove, frutto della sua fervida fantasia. Questa capacità di inventare e seguire percorsi nuovi l’hanno reso un artista molto peculiare per quei tempi, propositore di prospettive nuove, con un approccio divertito e sempre attento ai materiali e alle intuizioni espressive.
In mostra sono esposte tutte le tipologie di opere prodotte nell’arco dei suoi quaranta anni di attività: dalle prime Impronte, calchi in gesso, cartone pressato o gomma ricavate dai segni lasciati, da un’automobile sull’asfalto, o da tracce di oggetti comuni, giocattoli o attrezzi ai Sacchettini – Testimonianze, realizzati assemblando oggetti di poco valore (monete, conchiglie, piccoli giocattoli, frammenti) in sacchetti di plastica fissati su legno in una disposizione regolare e appesi come un quadro tradizionale.
Dalle opere tridimensionali – i 3D, in materiale plastico trasparente o vetro e poi su legno, lamiera e plexiglas colorato, dove l’immagine è la combinazione di figure poste in successione su piani differenti, che ne esaltano la profondità alla serie dei Collages, con un effetto combinatorio di immagini, realizzate con la tecnica del dripping su un unico piano, di tela, carta o stoffa. Dalle opere di “Arte sovrastrutturale” che, con un atto di “appropriazione artistica” di oggetti, cose e persone, esprimono l’esigenza di fissare nella memoria in modo indelebile ricordi e realtà, alle Sculture neve, teatrini poetici i cui protagonisti sono oggetti comuni tratti dal mondo dell’infanzia, della natura o della vita quotidiana ricoperti di neve artificiale e disposti in teche trasparenti che trasportano lo spettatore in una dimensione incantata e senza tempo.
L’esposizione si chiude idealmente con i Quadri parlanti, esposti per la prima volta nel 1974, tele in alcuni casi non lavorate in cotone bianco o nero, in altre impressionate con fotografie, sul cui retro sono posizionati degli amplificatori che, all’avvicinarsi dello spettatore, si attivano emettendo suoni o frasi registrate dall’artista. Il più noto è “Scusi signore…” dove Bianco si auto-ritrae con il dito puntato, immagine già utilizzata nel 1965 quando, in occasione di una personale alla Galleria del Naviglio, la foto compariva su tutti i tram milanesi a coinvolgere l’intera comunità.
Un artista peculiare, sperimentatore di prospettive nuove, con un approccio divertito e sempre attento ai materiali e alle intuizioni espressive
Artista eclettico e costantemente alla ricerca di nuove tecniche da sperimentare, Remo Bianco ha, attraverso i suoi lavori, rielaborato il concetto di memoria e ricordo raccogliendo e, in un certo senso catalogando minuziosamente, le tracce che l’uomo si lasca dietro nel proprio quotidiano. Oggetti che, proprio grazie alla costante sperimentazione di differenti forme espressive, l’artista ha cercato di fissare nel tempo sottraendoli alla fugacità dell’effimero.
Il catalogo della mostra, edito da Silvana, è corredato dai testi di Lorella Giudici ed Elisa Camesasca, dagli apparati a cura di Gabriella Passerini e Alberto Vincenzoni e riporta un’interessante intervista a Marina Abramović del 2012, riguardo al lavoro di Remo Bianco, conosciuto nel 1977.