La pittura borghese di Bongiovanni Radice in mostra a Milano

Pubblicità

Dal 29 gennaio al 27 marzo, la Fondazione Adolfo Pini ospita la mostra Bongiovanni Radice. Una pittura borghese per la prima volta, in una veste insolita, i lavori pittorici di Renzo Bongiovanni Radice, al cui lavoro è dedicata la Fondazione.

Le opere in mostra raccontano la carriera e l’anima di Bongiovanni Radice, dal primo ventennio del Novecento fino agli anni 70, gli ultimi della sua produzione artistica.

Bongiovanni Radice e una pittura attenta all’aspetto decorativo tipico della borghesia industriale milanese

I cinquant’anni in cui si dipana la sua vicenda sono probabilmente i più vulcanici di tutta la storia dell’arte, ma Bongiovanni persegue la sua strada in solitaria, senza preoccuparsi delle “novità”, cercando di affinare sempre più quell’idea di pittura tradizionale in cui si riflettono mille suggestioni mutuate da altrettanti artisti, e che assume soprattutto quell’aspetto di “decoro” tipico della borghesia industriale milanese. Quasi una ricetta: conoscere tutto, prendere il meglio, lasciar sedimentare sino a quando il meglio, raffreddato, non rischia più di bruciare il palato.

Fuor di metafora, i maestri cui Bongiovanni Radice attinge direttamente – per frequentazione – o indirettamente sono, alla rinfusa, Attilio Andreoli, André Lhote, Arturo Tosi, Carlo Carrà, Alberto Magnelli (nella sua fase figurativa a cavallo del 1930), Maurice Utrillo, Mario Mafai, Virgilio Guidi, Filippo De Pisis, Piero Marussig, Giorgio Morandi, indietro fino a Tranquillo Cremona, a Edgar Degas, persino a Eugène Delacroix.

Si riconosce allora una derivazione ottocentesca importante, una pacata adesione agli stilemi del Novecento italiano, senza però il monumentalismo delle figure, che non sono tra i soggetti preferiti di Bongiovanni dopo il suo primo periodo, e una curiosità spinta sin quasi alla citazione dei vedutisti più famosi tra Sette e Ottocento, ma ciò che alla fine esce da tutte le opere è la malinconia di un uomo solo con se stesso, impegnato in un rapporto stretto con la natura – di qui la vocazione al paesaggio -, cui chiede risposte all’esistenza, mentre le città che pure ha amatoMilano, Parigi, Veneziasono quasi sempre ritratte in inverno e vuote dei loro abitanti.

Leggi anche: I monocromi di Mario Schifano in mostra a Milano

- Pubblicità -
Pubblicità