Una piccola chiesa del XVI secolo, un organo, un interprete e le note di una delle più belle canzoni italiane, si tratta di The Sky in a Room, un progetto realizzato dell’artista islandese Ragnar Kjartansson e presentato da Fondazione Nicola Trussardi, nel diciottesimo anno di attività della Fondazione.
Fortemente voluto dalla Presidente Beatrice Trussardi e dal Direttore Artistico Massimiliano Gioni, che ne è il curatore, The Sky in a Room nasce in seguito al difficile periodo di quarantena che ha segnato la vita pubblica e privata di milioni di italiani, in particolare dei cittadini della Lombardia, come un intervento dalla forte valenza simbolica per mettere in relazione la storia passata e presente della città di Milano.
The Sky in a Room, l’omaggio di Ragnar Kjartansson a Milano in ricordo dei mesi difficili trascorsi in quarantena
Dal 22 settembre al 25 ottobre 2020, ogni giorno, cantanti professionisti si alternano, uno alla volta, all’organo della Chiesa di San Carlo al Lazzaretto – detta anche San Carlino – per eseguire un etereo arrangiamento della celebre canzone di Gino Paoli, Il cielo in una stanza, che si ripete ininterrottamente per sei ore al giorno, come una ninna nanna infinita.
Un memoriale poetico e contemporaneo, quasi un’orazione civile, che Ragnar Kjartansson dedica al ricordo dei lunghi e dolorosi mesi trascorsi chiusi nelle proprie case, spesso lontani dalla propria famiglia e dai propri affetti, lottando contro la solitudine dell’isolamento, sperimentando nuovi modi per stare con gli altri e immaginando di sfondare il soffitto per far entrare il cielo nella stanza.
“Il cielo in una stanza è l’unica canzone che conosco che rivela una delle caratteristiche fondamentali dell’arte: la sua capacità di trasformare lo spazio.” spiega l’artista. “In un certo senso, è un’opera concettuale. Ma è anche una celebrazione del potere dell’immaginazione – infiammata dall’amore – di trasformare il mondo attorno a noi. È unapoesia che racconta di come l’amore e la musica possano espandere anche lo spazio più piccolo, fino ad abbracciare il cielo e gli alberi… L’amore sa leggere ciò che è scritto sulla stella più lontana, diceva Oscar Wilde.”
Figlio di attori teatrali e cresciuto in un contesto artistico e culturale moto colto, Ragnar Kjartansson realizza opere che alternano video, performance, musica e pittura, sono caratterizzate da un senso di profonda malinconia e sono spesso ispirate alla tradizione del teatro e della letteratura nordica del Novecento. Elemento centrale è la ripetizione, di suoni e gesti, che diventa un elemento fondamentale nelle sue composizioni e coreografie, che sono state spesso descritte come forme di meditazione e di riflessione nelle quali ritornelli, frasi e arie musicali sono trasformate in litanie toccanti e mantra ipnotici.
San Carlino, un luogo che racconta la storia di Milano e dei suoi cittadini attraverso stratificazioni profonde
La performance, che è stata commissionata da Artes Mundi e dal National Museum of Wales di Cardiff, con il supporto del Derek Williams Trust e dell’ArtFund, è messa in scena, a Milano, nella Chiesa di San Carlo al Lazzaretto, un luogo legato a doppio filo alla storia delle epidemie nella città meneghina. Dalla peste del 1576 a quella del 1630, resa celebre da I promessi sposi di Alessandro Manzoni che cita in più occasioni il Lazzaretto.
Concepita inizialmente come un altare da campo nel centro del Lazzaretto edificato dall’architetto Lazzaro Palazzi, la chiesa venne progettata da Pellegrino Tibaldi su commissione del cardinale Carlo Borromeo nel 1576. Originariamente aperta su tutti i lati così che i malati potessero assistere alle funzioni rimanendo all’esterno, la chiesa è stata poi trasformata dall’architetto Giuseppe Piermarini a cavallo tra Settecento e Ottocento. Sopravvissuta alle trasformazioni di quasi cinque secoli, San Carlino è un luogo che racconta la storia di Milano e dei suoi cittadini attraverso stratificazioni profonde.