Il dipinto de il Ballo al Moulin de la Galette venne realizzato dal pittore francese Pierre-Auguste Renoir nel 1876.
Il pittore apparteneva al periodo artistico impressionista ed era noto per le sue figure femminili dai tratti dolci e l’utilizzo di colori forti, accesi e coinvolgenti. Tutto questo per il solo scopo di catturare le emozioni della vita parigina e riuscire a rappresentarle sulla tela. Cosa che ben gli riuscì per il noto Ballo al Moulin de la Galette.
Renoir Ballo al Moulin de la Galette Renoir
Il Moulin de la Galette. Questo grazioso locale parigino situato sulla sommità della collina di Montmartre, era molto in voga durante il periodo della Belle Époque. Il nome deriva da due particolarità. La prima era che venne costruito da due mulini a vento abbandonati. La seconda, invece, richiamava le Galette ovvero le frittelle rustiche che venivano offerte nel locale insieme alla consumazione. Qui i giovani e diversi artisti ci venivano per distrarsi e godersi alcuni momenti di spensieratezza e di vita mondana.
Il successo. Quando venne presentata alla terza mostra degli Impressionisti del 1877 l’opera venne subito apprezzata tanto di divenire, in poco tempo, uno dei simboli dell’impressionismo romantico, amato soprattutto dai collezionisti. Geroges Riviere ne scrisse «È una pagina di storia, un monumento prezioso della vita parigina, di una esattezza rigorosa. Nessuno prima di lui aveva pensato di notare qualche fatto di vita quotidiana in una tela di così grandi dimensioni; è un’audacia che il successo ricompenserà come conviene». Il critico Pietro Adorno, invece, affermò che l’opera «coglie la sintesi dei molteplici momenti della nostra vita, andando ben oltre la semplice riproduzione della realtà esterna». Insomma, Renoir attraverso il suo dipinto e alle tecniche utilizzate nella sua lavorazione, riuscì a produrre una delle testimonianze più preziose dell’ottimismo positivista e della spensieratezza che qualificavano la vita borghese parigina durante la Belle Époque.
Informazioni tecniche. Il quadro è un olio su tela di dimensioni pari a 131×175 centimetri.
Dove si trova. Il Bal au Moulin de la Galette, divenne dapprima parte della collezione di Gustave Caillebotte, passò prima dal musée du Luxembourg e solo dopo dal Louvre. Nel 986 l’opera trovò la sua collocazione definitiva, venendo esposta al museo d’Orsay di Parigi.
Ballo al Moulin de la Galette analisi
Descrizione. Nell’opera il pittore ha cercato di ricreare proprio la spensieratezza tipica delle persone che frequentavano il locale: una normale domenica al Moulin de la Galette con persone intente a divertirsi e, come si evince dal nome, a ballare. Nell’opera, com’era solito fare, l’artista raffigurò anche molti suoi amici, conoscenti e persone che frequentavano molto spesso il locale. Secondo alcuni studiosi, lo stesso pittore si è raffigurato seduto al tavolo intento a conversare con i suoi amici più cari. In primo piano viene raffigurata, infatti, una tavolata di persone intente a conversare, gustare il vino francese o fumarsi una pipa. Sullo sfondo di questa tavola si posiziona il vorticoso ballo che, grazie alle pennellate di Renoir anche se non possiamo vedere il movimento vero e proprio è semplice immaginarlo.
La realizzazione. Per realizzarlo il pittore andò incontro a non poche difficoltà, non da ultimo il trasporto della tela dal suo studio fino al locale. Renoir frequentò il Moulin per ben sei mesi per entrare in empatia con i soggetti, ammirarli e studiarli in ogni minimo particolare.
Il movimento. Questa fu la prima opera con soggetti in movimento e non più statici dell’artista. A descriverne bene la pennellata fu Edmond, il fratello dell’artista che ne scrisse «immerso nel turbinio di quella festa popolare, rende il movimento indiavolato con una verve che stordisce».
La tecnica. Andando più nel profondo dell’analisi del Ballo al Moulin de la Galette di Renoir si notano che le pennellate sono rapide tanto da riuscire a frammentare la luce in piccole chiazze di colore restituendo così quella sensazione di vivacità. Per la ricostruzione della luce, infatti, l’artista non ripiega su ombre o toni scuri ma puro colore. Come lui stesso affermò «Le ombre non sono nere», ripeteva, «nessuna ombra è nera. Ha sempre un colore. La natura conosce soltanto i colori: il bianco e il nero non sono colori». Infine, la profondità, è data dalle figure umane che si fanno via via più piccole dando così l’idea della grandezza del locale.