Claude Monet arriva a Genova. Dall’11 febbraio Palazzo Ducale ospita negli spazi del Munizioniere i capolavori del più importante rappresentate dell’Impressionismo.
Promossa dal Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, prodotta e organizzata da Arthemisia e in collaborazione con il Musée Marmottan Monet di Parigi, la mostra è curata da Marianne Mathieu, studiosa di Monet e direttrice scientifica dello stesso museo parigino.
Provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi, i 50 capolavori in mostra ripercorrono, fino al 22 maggio 2022, l’intera parabola artistica del maestro impressionista. Si tratta di opere che l’artista ha conservato gelosamente nella sua casa di Giverny fino alla morte, da cui non ha mai voluto separarsi. Il Musée Marmottan Monet, infatti, possiede il nucleo più grande al mondo di opere di Monet, frutto di una generosa donazione di Michel, suo figlio, avvenuta nel 1966.
50 capolavori provenenti dalla collezione privata del grande artista impressionista
Nelle sue tele di luce evanescente, Monet ha sempre unito il suo amore per la natura con l’arte e, facendo del pennello una propaggine della sua mano, ha creato e riprodotto giardini ovunque abbia vissuto.
Sebbene trascorresse molto del suo tempo a Parigi e viaggiasse molto in Francia e all’estero; Claude Monet preferì sempre la campagna e visse per più di cinquant’anni lungo la Senna. Qui l’artista coltivò il suo interesse per il giardinaggio, per le aiuole prima ad Argenteuil e poi nei suoi magnifici giardini a Giverny. Paesaggi che, grazie alla sua cura, divennero un piacere per gli occhi, un luogo rilassante per contemplare la natura e fonte di ispirazione.
Il mio giardino è l’opera d’arte più bella che io abbia creato – Claude Monet
Proprio Giverny, la sua casa dopo il 1883, può essere considerata come il luogo di consapevolezza e rinascita per lo stesso artista; una sequenza di nuovi elementi dettati da una brillante innovazione formale, geografica e di ricerca stilistica che lo ha portato a interessarsi sempre di più soggetti impregnati di nuova lirica e colori vivaci.
Ad accogliere il pubblico come in un onirico giardino lussureggiante, appositamente creato, ci saranno opere come le sue amatissime e iconiche Ninfee (1916-1919 ca.), Iris (1924-1925 ca.), Emerocallidi (1914-1917 ca.), Salice piangente (1918-1919 ca.), le varie versioni de Il ponte giapponese e la sua ultima e magica opera Le rose (1925-1926 ca.). Ma non solo. Verdeggianti salici piangenti, viali di rose e solitari ponticelli giapponesi dai colori impalpabili fanno da cornice a una natura ritratta in ogni suo più sfuggente attimo, variazione di luce, tempo o stagione.