Tra gli artisti più geniali e originali del Novecento, Antonio Ligabue è il protagonista di una grande mostra ospitata alla Reggia di Monza dall’11 febbraio al 1 maggio 2022.
Una antologica che celebra il genio dell’artista nato a Zurigo nel 1899 e scomparso a Gualtieri (Reggio Emilia) nel 1965. 90 opere, tra dipinti, sculture, incisioni e disegni, che ripercorrono la vicenda umana e creativa dell’artista. Un viaggio lungo un arco cronologico che dagli anni venti del secolo scorso giunge fino al 1962; quando una paresi pose di fatto fine alla sua attività.
Ospitata negli spazi dell’Orangerie, Antonio Ligabue. L’uomo, l’artista è curata da Sandro Parmiggiani, prodotta e organizzata da ViDi in collaborazione con il Comune di Monza e il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza.
Antonio Ligabue. L’uomo, l’artista, figure, colori e suggestioni coinvolgenti
Considerato per decenni da critica e pubblico un uomo segnato dalla follia, con un approccio naïf alla pittura, la mostra Antonio Ligabue. L’uomo, l’artista, riporta l’attenzione sulla grande capacità tecnica di un artista che può essere considerato a tutti gli effetti un esponente della corrente espressionista. Un “espressionismo tragico” di valore europeo, che fonde esasperazione visionaria e gusto decorativo.
L’esposizione si snoda attraverso i due poli principali lungo i quali si è sviluppato il percorso artistico di Ligabue: gli animali e gli autoritratti. Animali domestici, colti in un’atmosfera rurale, e quelli selvatici raffigurati nel momento in cui stanno per piombare sulla preda. Animali ritratti con un’esasperazione di carattere espressionista, sia nella forma sia nel colore, e con un’attenzione quasi spasmodica per la reiterazione di elementi decorativi.
Gli autoritratti, invece, costituiscono un filone di altissima e amarissima poesia nell’arte di Antonio Ligabue. In essi, il pittore si colloca in primo piano, quasi a occupare tutto lo spazio della scena, sullo sfondo di un paesaggio che pare quasi sempre, salvo rare eccezioni, un dettaglio del tutto ininfluente.
Quello che emerge è la perenne e costante condizione umana di angoscia, di desolazione e di smarrimento, un lento cammino verso l’esito finale. Il suo volto esprime dolore, fatica, sgomento, male di vivere; ogni relazione con il mondo pare essere stata per sempre recisa, quasi che l’artista potesse ormai solo raccontare, per un’ultima volta, la tragedia di un volto e di uno sguardo, che non si cura di vedere le cose intorno a sé, ma che chiede, almeno per una volta, di essere guardato.
Esasperazione espressionista e attenzione spasmodica per gli elementi decorativi
La rassegna monzese si arricchisce anche di altri soggetti come le scene di vita agreste o i paesaggi padani. Vedute nelle quali irrompono, come un flusso di coscienza, le raffigurazioni dei castelli, delle chiese, delle guglie e delle case con le bandiere al vento sui tetti ripidi della natia Svizzera. Luogo dov’era nato e dove aveva vissuto Antonio Ligabue fino all’espulsione nel 1919.
Infine l’ultima sezione della mostra è riservata alla produzione plastica di Ligabue. Un corpus di oltre venti sculture in bronzo, che rappresentano soprattutto di animali, e che sono un’occasione unica per apprezzare un lato meno noto della produzione dell’artista.