Tra la Vallagarina e il lago di Garda, il territorio del Parco Naturale Locale del Monte Baldo, è conosciuto fin dal medioevo dai botanici di tutta Europa per la sua straordinaria biodiversità e ricchezza di specie endemiche preglaciali, che hanno potuto giungere fino a noi perché hanno colonizzato le aree più in quota non coperte dalle calotte glaciali nel Quaternario. Un vero e proprio trattato di botanica a cielo aperto che è stato sfogliato nei secoli da tutti i maggiori naturalisti europei. Tra le fioriture più comuni, come arnica, gigli, genziane, orchidee, botton d’oro e gerani argentati, tra maggio e giugno creano sulle praterie in quota coloratissimi tappeti che si osservano percorrendo gli itinerari del Parco.
Particolarmente spettacolare è qui la fioritura del Botton d’oro, inconfondibile per i fiori di intenso colore giallo. Per osservarla ci si può incamminare lungo uno dei percorsi che formano il “Trekking delle malghe e dei fiori del Baldo” ideato per far conoscere, attraverso forme di turismo consapevole e sostenibile, questo patrimonio di biodiversità e natura che caratterizza le sue praterie alpine. Le fioriture più spettacolari si possono ammirare camminando dal rifugio Graziani verso Malga Campo, Bocca Paltrane per raggiungere il rifugio Malga Campei nella Val Paròl dove invece si osservano distese di Botton d’oro. E appena sciolta l’ultima neve, tappeti di bucaneve circondano il sentiero che da Polsa di Brentonico sale in direzione di Malga Susine fino alla Bocca d’Ardole e alle postazioni della Grande Guerra del vicino Corno della Paura. L’itinerario che da Mori in Vallagarina sale fino a Brentonico si sviluppa attraverso boschi di latifoglie nella prima parte e quindi tra i prati in fiore attorno Brentonico e il Dos Robiòn, un punto panoramico su tutto l’Altopiano.
Il Monte Casale è la montagna più panoramica della Valle delle Terme di Comano: un orizzonte a 360° di cime è lo spettacolo che ci attende dalla vetta, ma non è l’unico. Anche quassù, nelle praterie in quota che si affacciano sul versante meridionale delle Dolomiti di Brenta, a maggio la natura si risveglia e la fioritura trasforma questi ambienti in un variopinto affresco dove ai colori si mescolano i delicati profumi di decine e decine di specie floreali. L’esteso tappeto verde sommitale è infatti punteggiato di Crocus, Tulipani di montagna, Orchidee, Peonie Officinali, Genziane, Gigli martagone, Rododendri, Ginestre stellate, e ancora la Sperula, il Mirtillo rosso, l’Arnica di montagna, l’Erica erbacea e lo Spinacio alpino.
Un mare di fiori per rigenerarsi
La trasformazione, con l’avanzare della primavera, è repentina: la Valle di Non, la valle delle mele, da grande distesa verde, in pochi giorni, si colora di un bianco candido e di un rosa tenue. La fioritura dei meli, a fine aprile, è un momento irripetibile per andare alla scoperta di questa valle ricca di piccoli borghi carichi di storia e di ambienti naturali davvero particolari come i canyon attorno al lago di Santa Giustina. La maggior parte si può raggiungere grazie ai numerosi percorsi escursionistici e ciclopedonali, proprio attraverso le distese di meleti in fiore. Un itinerario tra le fioriture, adatto a tutti, si percorre anche attorno al capoluogo Cles. Da Piazza Fiera si scende prima tra le case e poi tra frutteti e bosco fino a raggiungere il maestoso Castel Cles, su un’isolata collina circondata dai meleti, sopra il lago di Santa Giustina. Si prosegue in leggera salita lungo il sentiero delle Nogare per raggiungere la frazione di Maiano, nei pressi della chiesetta dei Santi Pietro e Paolo, che si affaccia sulla valle. Si risale quindi fino all’antico rione di Pez, con la sua piazzetta circondata da maestose case antiche. Proseguendo verso il Doss di Pez, si raggiunge l’antica chiesetta di San Vigilio. Si ritorna quindi verso il centro di Cles seguendo la via Romana, senza tralasciare una visita al Palazzo Assessorile con le sue sale riccamente affrescate.
A Passo Lavazè in val di Fiemme, al confine tra Trentino e Alto Adige, a primavera si ammirano Orchidee spontanee e profumatissime come la Nigritella Rubra e la Nigritella Nigra che odorano di vaniglia e cioccolato, ma anche Stelle alpine che popolano le rocce striate da fossili di alghe marine, perché stiamo camminando sulla dolomia emersa da un mare tropicale milioni di anni fa. Quassù specie diverse condividono un’unica terrazza fiorita, fra torbiere, pascoli e due cime gemelle, tanto vicine quanto diverse. I versanti del Corno Bianco (dolomia) e Corno Nero (porfido) ospitano differenti varietà di fiori. Nel mese di giugno, ad esempio, sul Corno Bianco fiorisce il Rododendro irsuto, con le caratteristiche foglie pelose, mentre sul Corno Nero sboccia il Rododendro ferrugineo con le foglie lucide e glabre. E si può osservare anche una pianta carnivora tentacolare originaria del Sud Africa, la Drosera intermedia che cresce a 1780 metri nelle torbiere dell’Altopiano di Lavazé. Alta non più di venti centimetri sembra ricoperta di rugiada, ma in realtà le sue foglie sono cosparse di peli che terminano con gocce vischiose e lucenti. Gli sfortunati insetti non hanno scampo fra questi tentacoli appiccicosi.
Questi ambienti, che a primavera offrono uno spettacolo di cromatismi unico, pari all’Enrosadira che accende le vette del Latemar e del vicino Catinaccio, si possono scoprire nel corso dell’escursione che da Passo di Lavazè raggiunge la panoramica cima della Pala Santa. Proprio dalla varietà di ambienti e scenari lungo il percorso scaturisce l’insolita bellezza di questo itinerario. Dall’altopiano di Lavazè, al bosco di abeti e cirmoli che accompagna gli escursionisti fino alla località Tombole e infine l’ampia dorsale oramai fuori dalla vegetazione che punta alla cima. Nel vasto panorama ecco le cime del Corno Bianco e del Corno Nero e dall’altra parte una vera muraglia di rocce verticali, il Latemar. Nella discesa si segue il tracciato della pista da sci fino a Passo di Pampeago e da qui si rientra a Passo Lavazè seguendo il segnavia n. 9 su strada forestale prima e sentiero nell’ultimo tratto.