L’arte italiana dell’Ottocento, pur se marginale rispetto a quella degli altri paesi europei, ripercorre a suo modo le correnti artistiche dell’epoca declinandole nel più dei casi al problema della libertà nell’Italia oppressa dalla dominazione austriaca e dalle monarchie. A spiccare, in particolare, è Francesco Hayez, vissuto dal 1791 al 1882, il quale propone una pittura di storia di impostazione letteraria, nella quale evita però la realtà nei suoi aspetti più drammatici. Hayez si rifugia infatti in una pittura allusiva e melodrammatica e da qui dà vita ad uno suoi più noti dipinti: I Vespri siciliani.
I Vespri siciliani di Hayez
Nel 1822, nel 1826/27 e nel 1846 Hayez dà vita a tre versioni di quest’opera, rappresentando dunque lo stesso momento ma caratterizzato naturalmente da alcune differenze compositive e di colore. Queste tre versioni, sulla base della formazione artistica di Hayez, combinano un soggetto di storia medievale alla correttezza del disegno propria dei romantici, tra cui Ingres. Hayez, sulla base delle richieste dei suoi committenti, rivolse infatti la sua attenzione ad un celebre fatto storico risalente al 1282, il cui eco risuonava attuale ancora all’epoca della realizzazione dei dipinti.
Dietro I Vespri siciliani si nasconde dunque una storia di sangue, che che Hayez raffigura a suo modo. Per comprendere meglio l’opera, la sua composizione e il suo valore, è dunque necessario innanzitutto sapere cosa furono per l’Italia, e in particolar modo la Sicilia, i Vespri siciliani. In seguito si forniranno maggiori informazioni sull’opera, sia da un punto di vista descrittivo, sia per quanto riguarda la sua odierna collocazione. Continuando qui nella lettura, dunque, sarà possibile scoprire tutto ciò che occorre sapere su alcuni dei più celebri dipinti dell’Italia dell’Ottocento.
L’operazione Vespri siciliani di Palermo: la storia vera dietro il quadro
I Vespri siciliani furono una ribellione scoppiata a Palermo all’ora dei vespri di Lunedì dell’Angelo nel 1282. Bersaglio della rivolta furono i dominatori francesi dell’isola, gli Angioini, avvertiti come oppressori stranieri. Da Palermo i moti si sparsero presto all’intera Sicilia e ne espulsero la presenza francese. Tutto, secondo la ricostruzione storica, ebbe inizio con la reazione al gesto di un soldato dell’esercito francese, tale Drouet, che si era rivolto in maniera irriguardosa a una giovane nobildonna accompagnata dal consorte, mettendole le mani addosso con il pretesto di doverla perquisire. A difesa di sua moglie, lo sposo riuscì a sottrarre la spada al soldato francese e a ucciderlo.
Tale gesto costituì la scintilla che dette inizio alla rivolta. Nel corso della serata e della notte che ne seguì, i palermitani, al grido di “Mora, mora!”, si abbandonarono a una vera e propria “caccia ai francesi“ che dilagò in breve tempo in tutta l’isola, trasformandosi in una carneficina. I pochi francesi che sopravvissero al massacro vi riuscirono rifugiandosi nelle loro navi, attraccate lungo la costa. All’alba dell’indomani, la città di Palermo si proclamò indipendente. La rivolta si estese poi ben presto a tutta la Sicilia. Carlo I d’Angiò, re di Sicilia dal 1266, decise a quel punto di intervenire militarmente, venendo però sconfitto dall’esercito di Pietro III d’Aragona, chiamato a regnare sull’isola.
I Vespri rappresentano una fondamentale tappa della storia siciliana: il lungo legame tra Sicilia e Aragona, nasce in questo contesto. Tale legame realizzò l’inserimento della Sicilia nel teatro mediterraneo, in cui la Corona d’Aragona rappresentava l’avversario degli Angioini e del Papa. L’isola divenne inoltre fulcro di interessi commerciali, contesi tra le potenze marittime di quel tempo. Inoltre, i ceti siciliani dominanti, attraverso il governo provvisorio, avendo richiesto a Pietro di assumere la corona, si rapportarono agli Aragonesi sempre come interlocutori piuttosto che come sudditi, nel segno di una monarchia “pattista”, che tutelasse e conservasse le tradizioni del Regno e quindi anche la sua origine.
I Vespri siciliani: la descrizione e il significato del dipinto di Hayez
Tutte e tre le versioni dell’opera, dipinte a olio su tela, mostrano il momento in cui Drouet è ucciso, trafitto dalla sua stessa spada, sottrattagli dal marito della nobildonna. L’opera ha una connotazione molto descrittiva, ma, secondo alcuni, povera di profondità emotiva. Hayez assume infatti il ruolo dell’artista, che non volendosi compromettere né rimanere neutrale, inserisce un riferimento dotto nel dipinto, che solo pochi iniziati possono cogliere e ricollegare ad un pensiero antiaustriaco. Per farlo, egli dà vita ad una vera e propria scena di teatro, dove tutte le figure sono rappresentate come se fossero in una quinta teatrale, con pose statiche.
Ciò nonostante, la rappresentazione non è statica nel suo complesso, dando anzi la sensazione della concitazione del momento, grazie all’utilizzo delle linee diagonali e dei movimenti delle pieghe degli abiti. Gli unici aspetti dell’opera che la fanno inquadrare all’interno dell’orizzonte romantico sono però il soggetto, una storia di epoca medievale (XIII secolo), e il significato, che Hayez fa trasparire. Il quadro, legato al contesto in cui viene realizzato, assumere il significato simbolico della rivolta contro lo straniero (fosse esso francese, austriaco o spagnolo) finalizzata all’unificazione dell’Italia che si sarebbe avuta di lì a qualche decennio.
La versione più conosciuta delle tre, quella risalente al 1846, è oggi conservata presso la Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma. Qui, insieme alle numerose altre opere esposte, si può dunque osservare da vicino il dipinto di Hayez, cogliendone sfumature e particolari. Conoscere il legame tra l’opera e il soggetto rappresentato risulta però fondamentale per poterlo comprendere e apprezzare al meglio. Pur non cogliendo la rivolta nel suo furore, Hayez riesce con la compostezza della sua opera a trasmettere ben più di quello che questa sembrerebbe raccontare.