Il Tibet, la sua gente, i suoi paesaggi, la sua anima, magistralmente ritratti nei lavori d Han Yuchen, per la prima volta in mostra a Roma.
Dal 14 luglio al 4 settembre, infatti, Palazzo Bonaparte ospita un’ampia retrospettiva dedicata a Han Yuchen, maestro della pittura a olio della Cina contemporanea. Un’immersione nella bellezza naturale e spirituale del Tetto del mondo; ma anche una galleria di ritratti di chi quell’immenso altopiano lo vive.
Con il patrocinio del Comune di Roma – Assessorato alla Cultura, l’esposizione è prodotta e organizzata da Arthemisia in collaborazione con Segni d’arte, ed è curata da Nicolina Bianchi e Gabriele Simongini, con catalogo Skira.
Tibet “una patria dell’anima, perduta e originaria, da ritrovare” nei lavori ad olio di Han Yuchen
HAN YUCHEN. Tibet, splendore e purezza, questo il titolo della mostra, testimonia il profondo legame morale e spirituale che unisce la famosa regione autonoma della Cina all’insigne pittore cinese Han Yuchen. Un percorso attraverso 40 opere, molte delle quali di grandi dimensioni, diviso in tre sezioni: Paesaggi, Ritratti e Spiritualità.
Come spiega Nicolina Bianchi, curatrice della mostra: “Nel Tibet di Han Yuchen il paesaggio e l’uomo diventano protagonisti di una stessa storia misteriosa, quasi impenetrabile, dove genuina fierezza e quotidianità convivono e si incontrano nella purezza di luce dei luoghi e dell’energia vitale dei personaggi che li animano. Pastori, guardiani, nomadi, monaci che con saggezza condividono il tempo e lo spartiscono nel loro vivere semplice e autentico”.
Così Gabriele Simongini, cocuratore della mostra: “Han Yuchen sente con grande disagio che l’impressionante progresso tecnologico del nostro tempo e la smania di una continua crescita economica corrispondono per contrasto a un crescente impoverimento morale e a un degrado dell’universo personale e dei rapporti umani. Per lui il Tibet è una sorta di “patria” dell’anima, perduta e originaria, da ritrovare. Il suo è un realismo etico che intende offrire un modello ideale e forse utopistico per una vita più semplice e spirituale”.
Una pittura limpida e poetica figlia della lezione del realismo di matrice ottocentesca
Artista molto legato ai valori tradizionali e alla qualità della pittura, Han Yuchen è caratterizzato da una fortissima passione per l’arte europea dell’Ottocento. Nel 2007, infatti, ha creato il Museo d’Arte Han Yuchen nella città di Handan, con opere di Millet, Corot e Goya.
Ricollegandosi soprattutto all’esempio di Millet, il Maestro cinese ha fatto di una pittura limpida e poetica il suo segno di riconoscimento. Una cifra stilistica diretta e semplice come la vita dei tibetani che ha scelto di immortalare, rievocando per certi aspetti un realismo di matrice ottocentesca, ricco di valori etici e ideali, che si fonde con le capacità tecniche sviluppate in Cina nell’ambito della pittura ad olio.
Yuchen attraverso un’indubbia sapienza pittorica e una spiccata capacità di elaborare ampie sintesi paesaggistiche o meticolosi dettagli coglie l’anima del “tetto del mondo”. Il risultato sono ritratti e opere dove le vesti, gli ornamenti e gli oggetti della vita quotidiana o delle cerimonie restituiscono un’immagine emozionante del lontano Tibet.