A sei anni dalla personale La Passione del Grano realizzata nel 2017, il gruppo Wurmkos torna al PAV con il progetto inedito Andare con le radici, a cura di Marco Scotini. La mostra, in continuità con le urgenze delineate nella precedente bipersonale Macchine del Dissenso di Marcelo Expósito e Oliver Ressler, individua nel mondo vegetale un ambito dal quale è possibile attingere per apprendere nuovi modelli di vita volti a immaginare forme virtuose di convivenza sociale, nel tentativo di scardinare le gerarchie costitutive delle politiche neoliberiste.
Il laboratorio di arti visive Wurmkos, fondato nel 1987 a Sesto San Giovanni, è un’esperienza ‘basagliana’ che mette in relazione arte e disagio psichico senza porsi obiettivi di salvezza. Al progetto presentato al PAV, così come in tutte le altre attività del gruppo, prendono parte e cooperano artisti, con disagio e non, critici e persone che partecipano alle molteplici azioni di nascita, crescita e sviluppo dei progetti. Andare con le radici prende forma a partire dalla primavera del 2020 ed è il frutto di un percorso di autoriflessione e trasformazione che ha come soggetto in primo luogo le metodologie adottate dal gruppo stesso. In questo processo diviene un riferimento fondamentale la pratica del mutuo appoggio teorizzata dal pensatore militante Pëtr A. Kropotkin: spinta primaria che sta al centro di ogni forma di vita biologica e sociale, il mutuo appoggio si configura come una sorta di principio guida dell’evoluzione della vita sulla terra.
Svariati esempi di alleanze fra piante, funghi e diverse forme di vita rendono evidente come in natura la sopravvivenza in condizioni talvolta inadatte alla vita sia possibile grazie al sostegno reciproco. Conoscere e studiare esseri viventi che abitano il pianeta Terra da molto più tempo dell’essere umano significa imparare nuove strategie da chi ha sviluppato migliori strumenti di adattamento e, come scrive Stefano Mancuso, attraverso lo studio della biodiversità possiamo coltivare sguardi utili a comprendere la nostra pluralità. Guardando alle radici, si può apprendere come gestire collettivamente i rischi e le difficoltà della ‘vita sotterranea’ attraverso movimenti coordinati volti alla creazione di uno spazio comune, immaginando un agire che prende forma attraverso relazioni di alleanza. Così, nel sottosuolo urbano, lontano da un centro distratto, artisti dai percorsi eterogenei, proprio come specie di piante differenti, intrecciano storie e segni che non dobbiamo necessariamente interpretare ma accogliere.
La mostra si articola a partire da un dispositivo calpestabile dove lo spazio è immaginato per essere vissuto come un suolo, una piazza, un universo, un flusso che ospita una comunità vegetale non più conforme a una visione antropocentrica. Il lavoro collettivo sonda lo spazio non solo come campo visivo ma anche come ambiente sul quale fare esperienza e abolire le gerarchie, passando da una condizione verticale a una orizzontale. Il progetto è il frutto di una serie di elementi che si mescolano senza fondersi e dell’intenzione collettiva di ‘fare mondi’ senza perdere la propria unicità.
Attraverso un processo di trasformazione e di valorizzazione della diversità, Andare con le radici connette il nostro corpo con il corpo del territorio, interpretando il laboratorio come ambiente plurale. Una selva che da bosco diviene foresta: un ecosistema basato sull’interdipendenza di organismi, una gigantesca trama vitale la cui esistenza si compie grazie alla varietà degli elementi che la compongono.
Nell’ambito della programmazione di Workshop con gli artisti a cura di AEF Attività Educative e Formative del PAV, venerdì 9 giugno 2023 il gruppo Wurmkos condurrà un seminario aperto a studenti delle Accademie di Belle Arti, mentre venerdì 15 settembre 2023 attiverà un workshop pubblico dal titolo Andare con le radici.
Il gruppo Wurmkos è composto da: Susanna Abate, Cecilia Amaya, Michela Blandini, Simona Camisani, Marco Campanella, Pasquale Campanella, Walter Carnì, Caterina Caserta, Roberta Colombo, Moira Cretti, Giulia Croce, Alice Cutuli, Angela Di Bartolomeo, Salvatore Fede, Antonio Ferro, Tina Mastrolembo, Jelena Milosevic, Francesco Munari, Elisabetta Notarangelo, Laura Plebani, Patrizio Raso, Michael Rotondi, Greta Sassone, Monica Sgrò, Marta Tonetti, Vincenzo Trunfio, Daniele Warm, Chiara Zappella. In collaborazione con: Francesco Bertelé, Francesca Marconi Si ringraziano: Filippo Ballarin, Cecilia Galli, Giuseppe Iavicoli, Antonio Maniscalco.
Il parlamento delle cose
Chiara Antonelli, Davide Barberi, Alessandro Cavallini,
Traian Cherecheș, Chiara Scodeller
Dal 9 giugno 2023 la project room e gli spazi esterni del PAV ospitano la mostra collettiva Il parlamento delle cose a cura di Marco Scotini (NABA Visual Arts Department Head) con Chiara Antonelli, Davide Barberi, Alessandro Cavallini, Traian Cherecheș e Chiara Scodeller, giovani artiste e artisti formatisi presso il Biennio Specialistico in Arti Visive e Studi Curatoriali e il Master Accademico in Art and Ecology del campus di Milano di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti.
Dalla mostra Il parlamento delle cose emerge come le teorie e le pratiche che animano l’ecologia politica e l’ecofemminismo a partire dalla seconda metà del secolo scorso abbiano smosso e dissestato il suolo compatto e monolitico del modello neoliberale e eteropatriarcale. Tale “smottamento” ha assicurato alle generazioni successive nuovi solchi da percorrere e nuovi substrati da abitare, nel tentativo di portare in superficie forme estetiche imperniate su visioni ormai nodali quali il superamento delle categorizzazioni oppositive tra natura e cultura e di genere e la ri-significazione di esperienze autobiografiche e collettive.
Tra i progetti presentati al PAV, lo studio etnografico dei sistemi magico-protettivi che caratterizzano l’ecologia storico-culturale di Norcia è il soggetto di In Acqua e terra la mano di Chiara Antonelli. Una performance nella quale sei abitanti del paese umbro, epicentro del sisma del 30 ottobre 2016, recuperano da un’ecologia della memoria locale l’antica ritualità dell’”acqua panata” per riattivare nel presente un conforto alla paura legata al trauma vissuto durante il sisma. Le sculture di Traian Cherecheș ri-significano esperienze autobiografiche attraverso elementi residuali della sua infanzia vissuta in Romania, rimodulando ricordi e elementi fisici attraverso l’assemblamento di materiali organici e inorganici, come in New Skin as sister-nature, dove una pelle artificiale dissimula la decomposizione della materia biologica che è sottostante alla superficie.
Nell’installazione Il fungo delle Alpi Davide Barberi traduce in una forma fisica e tangibile l’esperienza di attraversamento e contemplazione di un vasto paesaggio alpino. Il tentativo è quello di rappresentare e controllare, attraverso dispositivi tecnologici, un territorio altrimenti ingovernabile, rievocando lo stordimento abitato dal suo corpo durante questo attraversamento. Chiara Scodeller presenta Erbario di genere – I fiori ermafroditi come concetto di genere nell’antropocene, un manuale nel quale sono raccolte 40 illustrazioni botaniche di fiori ermafroditi messe in relazione a uno slideshow che rimodula le vignette dei Gay Flowers realizzate da Stefania Sala per la rivista Fuori! – Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano. Infine, il progetto di Alessandro Cavallini Il parlamento delle cose dà vita a un manifesto per la rappresentanza degli assenti nel quale ecologie subordinate dialogano tra loro. Un grido d’urgenza che passando dall’antropologia visuale all’etnomusicologia, fonde un’estetica organica con quella tecnologica.
Da qui il titolo della mostra Il parlamento delle cose, un diretto riferimento al programma di ecologia politica sviluppato dal filosofo e antropologo Bruno Latour che, rifiutando la fermezza dell’uomo moderno nel non riconoscere i diritti, l’autonomia e l’agency delle cose, suggerisce la creazione di un “parlamento delle cose”, volto a estendere la democrazia e i diritti di rappresentanza non solo all’umano ma anche e soprattutto al non-umano.