Lo Spazio delle culture Khaled al-Asaad del MUDEC di Milano si trasforma in una galleria di ritratti grazie a Io sono – I Am. Uomini, donne, ragazzi e bambini, rifugiati e richiedenti asilo, che raccontano la propria storia e rivendicano la propria identità negli scatti di Luisa Menazzi Moretti.
Il progetto ospitato al MUDEC – Museo delle Culture di Milano, dal 1 luglio al 1 agosto 2020, è promosso dal Comune di Milano-Cultura e realizzato da FOQUS – Fondazione Quartieri Spagnoli Onlus, Città della Pace per i Bambini – Basilicata e Cooperativa Il Sicomoro.
Io sono – I Am. 20 ritratti di rifugiati e richiedenti asilo che raccontano la propria storia e la propria identità
La mostra, inserita nel palinsesto de I talenti delle donne del Comune di Milano, è composta da venti ritratti fotografici, di grandi dimensioni. Immagini di rifugiati e richiedenti asilo, ai quali l’autrice affianca un “libro-didascalia” con un titolo e una fotografia di copertina dedicata a ogni protagonista. Un volume dalle pagine bianche, simbolo di una storia da raccontare, che riporta però al suo interno la storia che li ha portati in Italia. Racconti e storie che Luisa Menazzi Moretti poi ha raccolto e posizionato all’inizio del percorso espositivo.
Il lavoro, realizzato durante la prima metà del 2017, ha coinvolto migranti accolti in Basilicata che provengono da sedici nazioni diverse: Afghanistan, Pakistan, Siria, Nepal, Gambia, Nigeria, Senegal, Egitto, Congo, Mali, Costa d’Avorio, Eritrea ed Etiopia. In mostra, un video (premiato all’International Photography Awards di New York) e il libro Io sono pubblicato da Giunti Editore.
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In virtù di una rigorosa compostezza formale, le 20 fotografie che compongono la mostra, esposte in sequenza, una di seguito all’altra, costituiscono una vera e propria galleria di ritratti simile a quelle che un tempo usavano nelle famiglie aristocratiche o della grande borghesia. Uomini e donne comuni, in fuga dalle terre di origine a seguito delle drammatiche condizioni in cui versano attualmente. Persone che, nel loro obbligato migrare, attraversano altre terre e altri paesi, divenendone cittadini, talvolta solo temporanei ed effimeri.
“Ho incontrato persone arrivate nel nostro paese alla ricerca di una vita migliore, – ha affermato Luisa Menazzi Moretti – insieme a moltissime altre si confondono nell’indistinto afflusso di uomini e donne che paiono senza volto e senza storia. Non sappiamo nulla di loro. Da dove vengono, chi sono? Li vediamo da lontano. In televisione, su internet, paiono tutti uguali. È fondamentale concepire il loro essere innanzitutto individui, prima che migranti”.
Una galleria di storie quindi, più che di volti. Narrazioni che si arricchiscono ogni giorno di una pagina nuova, molto spesso drammatica, che l’autrice sintetizza nell’idea di affiancare a ciascun ritratto un libro dalle pagine bianche, non ancora scritte, volto a suggerire l’importanza di ogni racconto orale che l’autrice ha ascoltato e registrato, ognuno diverso, tragico, denso, ognuno possibile trama di un libro.