Il Museo e Real Bosco di Capodimonte ospita, dal 31 marzo al 7 gennaio 2023, Oltre Caravaggio. Un nuovo racconto della pittura a Napoli. Una mostra che rivede il ruolo, e il peso, del Merisi nella definizione di un canone partenopeo seicentesco, sottolineando il grande contributo di altri artisti coevi.
Con oltre 200 opere provenienti tutte dalle collezioni permanenti del museo, l’esposizione si propone quindi di rilanciare il dibattito presentando un’altra lettura del ‘600 napoletano, diventato per amatori e storici il secolo di Caravaggio.
Oltre Caravaggio. Un nuovo racconto della pittura a Napoli
Il ’600 napoletano è una ‘invenzione’ recente. È stato riscoperto e definito meno di un secolo fa dallo storico d’arte Roberto Longhi, che riteneva il naturalismo di Caravaggio la spina dorsale dell’arte napoletana. Gli studi seicenteschi sul Sud derivano quasi senza eccezione dalle sue proposte; formulate in una serie di saggi che sono stati pubblicati essenzialmente nel secondo decennio del secolo scorso.
Dall’inaugurazione della Pinacoteca di Capodimonte nel 1957 fino ad ora, l’esposizione dei dipinti del ’600 napoletano è stata in gran parte il risultato di quest’analisi. La realtà però è, come sempre, più complessa. Stefano Causa e Patrizia Piscitello, curatori della mostra, sulla base degli studi degli ultimi decenni, propongono di riconsiderare lo schema di Longhi.
“Per un organismo che contiene il passato, ma si confronta continuamente col presente, credo che veramente la più grossa contraddizione sia la pretesa di rimanere immobile” A. Lugli, L’educazione estetica, 1978
L’obiettivo è quello di ripensare l’intera articolazione di un secolo che non fu solo quello di Caravaggio, ma che fu soprattutto quello di Jusepe de Ribera. Spagnolo arrivato a Napoli nel 1616, sei anni dopo la morte di Caravaggio, la mostra Oltre Caravaggio porta quindi il Ribera, rappresentato nelle collezioni di Capodimonte da opere sacre, mitologiche e nature morte, al centro della scena artistica napoletana.
Presentare la civiltà artistica napoletana vuol dire mettere in giusto risalto gli apporti esterni e gli scambi con gli altri centri. Dall’invio da fuori di opere e progetti alla residenza in città degli artisti ‘forestieri’. Napoli, infatti, era ed è una grande città portuale, crocevia della vita e della cultura italiana. Nel XVII secolo diventa una delle megalopoli più popolose del mondo esercitando una profonda influenza sulla cultura europea; la sua storia si presenta come una ricca stratigrafia, fatta di diverse civiltà, popoli e espressioni artistiche che hanno lasciato tracce nel patrimonio artistico e monumentale. Per secoli ha subito attacchi, invasioni e distruzioni, facendo fronte a numerose catastrofi naturali: eruzioni vulcaniche, terremoti, maremoti e pestilenze.
L’influenza della cultura europea nella Napoli del 600
In quest’ottica si può spiegare il ruolo centrale che hanno in questa rassegna, dedicata al XVII e XVIII secolo, lombardi come Caravaggio (1571-1610), emiliani come Giovanni Lanfranco (1582-1647), Domenichino (1581-1641) e Guido Reni (1575-1642); lo spagnolo (ma napoletano d’adozione) Jusepe de Ribera (1591-1652); i francesi Simon Vouet (1590-1649) e Pierre-Jacques Volaire (1729-1799); il bergamasco Cosimo Fanzago (1591-1678); i romani Artemisia Gentileschi (1593- 1653) e Gregorio Guglielmi (1714-1773); il belga François Duquesnoy (1597-1643).
Gli artisti napoletani traevano ispirazione da questi apporti, rielaborando in maniera del tutto personale iconografie, tagli compositivi e utilizzo delle luci, esportando il loro linguaggio in Italia e in Europa. Un esempio tra tutti è Luca Giordano (1634- 1705), che, campione della pittura barocca napoletana, viene chiamato a Venezia (1665, 1668), a Firenze (1682-83, 1685) e in Spagna (1692-1702), lasciando traccia sui pittori locali.