Dal 7 maggio al 3 luglio 2022, la Pinacoteca Ambrosiana di Milano ospita Mattioli/Caravaggio. The lightful fruit. Un inedito confronto tra le opere di Carlo Mattioli (1911-1994), maestro italiano del 900 e La canestra di frutta di Caravaggio, conservata al museo milanese.
Ideata ed organizzata dalla Fondazione Carlo Mattioli di Parma (col contributo di SCIC Italia; UniCredit Wealth Management; Arti grafiche Castello) la mostra presenta venti dipinti a olio che favoriscono la conoscenza dell’opera e del processo creativo del pittore emiliano. Una riscoperta che passa attraverso il profondo dialogo con il capolavoro caravaggesco; e mette in evidenza l’eco contemporanea dell’originale, a quattrocento anni dalla sua creazione.
“Mattioli riduceva gli oggetti, la materia, le luci; si stringeva al suo nucleo, toccava la poesia spoglia delle cose” – Roberto Tassi
Il confronto con Caravaggio e con una delle sue opere più iconiche, è all’origine di un ciclo di dipinti e disegni che l’artista presentò alla Biennale di Venezia del 1968. I Cestini del Caravaggio di Carlo Mattioli però rimasero visibili solo il giorno dell’inaugurazione, a causa delle contestazioni investirono quell’edizione.
Mattioli affronta il genere e il modello ambrosiano rimanendo in un personale limbo, sospeso fra una figurazione che non sarà mai più completa e un’astrazione cui non ci si può abbandonare del tutto. La relazione col modello diventa un lungo studio filtrato con l’immagine di un ammasso di scatole e foglie appoggiate su un trespolo del suo studio. In questo senso, l’artista si accosta al modello secentesco, declinandolo prima in uno studio profondo legato alla volumetria e alla luce, poi ingrandendone i particolari, con il canestro che diventa il fulcro attorno cui ruota tutta la sua ricerca.
Il titolo, The lightful fruit, si propone di giocare sulla doppia visione e percezione della luce che illumina il cestino di frutta ma attraverso il filtro della delicatezza (delight), quasi fosse uno spazio intimo, chiuso e raccolto.
Nelle sequenze filmiche che accompagnano l’esposizione vera e propria le opere sono raccolte in uno spazio irreale, uno spazio argenteo come un dagherrotipo. Questa grammatica visiva si propone di evidenziare gli elementi base che l’artista ha usato, senza porre al centro del discorso i dettagli didascalici del documento. Citazioni, ombre, luci, e un tema ossessivo per declinare un proprio idioma, oltre l’opera di Caravaggio.