Fino al 19 febbraio 2023 la Galleria degli Uffizi presenta al pubblico un capolavoro di Andrea Verrocchio; normalmente non visibile tra le sale del museo fiorentino. Un’opera importantissima del maestro di Leonardo da Vinci lasciata in deposito dagli Uffizi ad una chiesa del territorio fiorentino circa un secolo fa.
Si tratta della sontuosa pala d’altare raffigurante la Sacra Conversazione con i Santi Zanobi, Francesco Giovanni Battista e Niccolò detta “Pala Macinghi”; dal nome della famiglia per la quale fu realizzata l’opera. Appena restaurata all’Opificio delle Pietre Dure, resterà in mostra al secondo piano degli Uffizi, negli spazi espositivi tra la sala dedicata a Leonardo e quella di Raffaello e Michelangelo. Tappa successiva della pala sarà a Perugia, alla grande mostra della Galleria Nazionale dell’Umbria dedicata al Perugino nel cinquecentenario della morte.
Verrocchio e il suo mondo in un’opera misconosciuta: la pala Macinghi
Parte integrante della collezione della Galleria, nel 1926, la pala fu inviata alla chiesa di San Martino a Strada, presso Grassina alle porte di Firenze. L’opera storicamente viene citata per la prima volta, nel Seicento, nella chiesa della Santissima Annunziata a Firenze. Da qui, con ogni probabilità, proviene fin dall’origine, forse come pala d’altare della famiglia Macinghi; cappella oggi sede del Capitolo nel Chiostro dei Morti.
È ormai da tempo accettata la sua attribuzione alla scuola di Andrea del Verrocchio, alla cui bottega si trovavano molti importanti artisti del periodo; non solo Leonardo, ma anche Perugino e Sandro Botticelli. In quel contesto, vera e propria fucina di giovani talenti, si producevano oggetti di oreficeria, sculture in bronzo e in marmo, dipinti. I vari lavoranti ed allievi potevano esercitarsi usando anche i disegni del maestro e collaborando all’esecuzione di opere importanti.
Questo sistema produttivo era frequentissimo nelle botteghe degli artisti e permetteva tra l’altro di completare le opere nei tempi previsti. Ne è un’esempio il Battesimo di Cristo realizzato per la chiesa di San Salvi, cui parteciparono Leonardo e forse anche lo stesso Botticelli. La Madonna col Bambino tra i Santi Zanobi, Francesco Giovanni Battista e Niccolò è un caso simile; la sua esecuzione infatti è dovuta a più pittori e nelle figure si distinguono almeno tre mani.
Il restauro del dipinto ha messo in luce i dettagli dei ricami e delle gemme sui manti dei santi vescovi; la straordinaria raffinatezza delle oreficerie; l’eccelsa qualità della pittura nella resa dei materiali; e la complessa studiata architettura della scena. Vero e proprio gioiello è poi il modellino della città di Firenze offerto da San Zanobi alla Madonna. Qui si riconoscono la cupola del Duomo al centro di vari altri monumenti cittadini, alcuni dei quali oggi scomparsi.
Agli Uffizi la grande pala d’altare è esposta poi in dialogo con la Testa di San Gerolamo, raro dipinto su carta autografo di Verrocchio. L’opera normalmente è visibile nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti e rappresenta un modello che ricorre anche nella figura del San Francesco della Pala Macinghi.