Perugia ospita, dal 22 giugno al 22 ottobre, “Bernini e Velàzquez: autoritratti in mostra al Nobile Collegio del Cambio” promossa da Francesco Federico Mancini. Il modello è consolidato: nove opere per indagare, con assoluto rigore scientifico, un tema non ancora risolto appieno dalla storia dell’arte.
Al centro della mostra c’è il reciproco influsso, nell’ambito della ritrattistica, anzi dell’autoritratto, tra Gian Lorenzo Bernini, qui proposto nella sua veste di pittore, e lo spagnolo Diego Velázquez.
Francesco Federico Mancini indica, a ideale punto di partenza per questa sua mostra, un’ immagine fotografica: quella dello studio romano dell’insigne storico dell’arte barocca e docente all’ateneo perugino Valentino Martinelli.
I ritratti ed autoritratti di Bernini e Velàsquez in mostra
Immagine in cui si vedono due delle tre versioni possedute da Martinelli del celeberrimo Autoritratto di Velázquez conservato nella Pinacoteca Capitolina di Roma (1629-1630). Tre versioni realizzate in tre momenti storici diversi, tra il ‘600 e la seconda metà dell’800, che dimostrano la fortuna del modello capitolino, che travalicò abbondantemente il Seicento e il contesto più strettamente romano.
Accanto al “trittico Martinelli”, oggi conservato nella Galleria Nazionale dell’Umbria, e al prototipo capitolino, verranno proposti in mostra l’Autoritratto a mezza figura di Bernini della Galleria degli Uffizi e l’Autoritratto di Velázquez sempre degli Uffizi.
Saranno presenti anche l’Autoritratto di Bernini del Museo del Prado e l’Autoritratto di Bernini del Musée Fabre di Montpellier, sulle quali è in corso un dibattito relativo alla paternità delle opere.
Due grandi maestri del 600 che si influenzarono a vicenda
Principale proposito della mostra è rilanciare il dibattito sulle relazioni e sulle reciproche influenze intercorse tra Bernini e Velázquez, che quasi sicuramente si incontrarono fin dal primo soggiorno in Italia del maestro spagnolo, nel 1629-1630.
“A mio parere” scrive Francesco Federico Mancini “l’incontro romano e il conseguente, straordinario incrocio di esperienze di due fra i maggiori protagonisti del Seicento europeo produsse benefici di reciproca utilità”
Velázquez, grazie a Bernini, comprese quale forza espressiva si celasse nel taglio a mezzo busto del ritratto, da lui già sperimentato sul versante della scultura, e quanta vitalità potesse scaturire dalla tizianesca contrapposizione tra la maniera abbozzata degli abiti e la maniera finita dei volti. Bernini apprese dal collega spagnolo il modo di scavare nell’intimo nei personaggi, di entrare nella loro complessità psicologica”.