Usciva il 30 novembre 1982, esattamente 35 anni fa, l’album dei record, l’indimenticabile e sempre suonato in tutte le radio Thriller, di Michael Jackson. Un LP che avrebbe cambiato per sempre la storia della musica black.
Tutti lo sanno: Thriller è l’album con il maggior numero di copie vendute di sempre. 100 milioni, che per alcuni sarebbero “solo” 66 milioni, ma sarebbe comunque il record assoluto. Ma quell’album, capolavoro assoluto della musica pop, ne vanta anche altri.
Tutti i record di Thriller, l’album che compie 35 anni
Michael Jackson era al punto massimo della sua carriera. Anche se secondo alcuni, compresa chi scrive, con l’album successivo, Bad, fece il bis. Miliardario a soli sedici anni, reduce dal successo del precedente Off the Wall, Michael sfoderò con questo un album che non era solo un capolavoro di musica.
Una rosa di collaborazioni senza precedenti. E non a caso, Michael Jackson: The Making of Thriller è anche la videocassetta più venduta di sempre, con oltre 9 milioni di copie ufficiali (il supporto, si sa, era facilmente duplicabile illegalmente).
Thriller ha toccato altri record: il 17 febbraio del 2017 la Recording Industry Association of America (RIAA) lo ha dichiarato ufficialmente vincitore di 33 dischi di platino nei soli USA. Ma quali furono le ragioni di tanto successo?
Michael Jackson fu il primo artista nero che vide passare un suo videoclip su MTV. Stiamo parlando di Billie Jean, con quella passerella a mattonelle luminose che nessuno di noi dimentica, con un Jackson che si rifiuta di prendersi le responsabilità per una ragazza che dice di aspettare un figlio.
Ma è il videoclip della title track, quella che si sarebbe dovuta chiamare prima Midnight man e poi Starlight, infine intitolata Thriller, il più osannato. Quel cortometraggio firmato da John Landis in cui comparse, danzatori e lo stesso Michael danno vita a una delle coreografie più incredibili mai viste, con effetti speciali mai utilizzati prima per un video musicale.
Ogni traccia di Thriller poteva essere un singolo da record. E così fu. A cominciare con l’inizio al fulmicotone di Wanna Be Startin’ Somethin’, che doveva stare in Off the Wall, ma poi fu utilizzata qui, con la sua coda inconfondibile, pazzesca e complessa composizione sonora funk dai sapori africani.
Baby be mine, sound della Motown puro, fatto sempre più suo anche grazie alla collaborazione con Quincy Jones, che proseguirà anche in seguito, ispira artisti ancora oggi. The girl is mine, in cui duetta con Sir Paul McCartney, e tutte le altre, fino ad arrivare a Beat It.
Con Beat It il confine tra pop e rock, tra black music e white music, crolla in mille piccoli pezzi, demolito dal ritmo del basso di Steve Lukather dei Toto, e definitivamente calpestato dall’assolo di chitarra di Eddie van Halen.
Oggi non si celebra solo un anniversario musicale, ma una pietra miliare della musica e non solo. Michael Jackson è stato un’icona che ha fatto di se stesso un’opera d’arte vivente. Con passaggi opinabili, come accade a ogni grande artista degno di questo nome.
Musica, cinema, moda, filosofia. Il dubbio su ciò che è vero e non lo è, sulle scelte giuste o sbagliate, sul dilagare delle droghe, su incubi imminenti che altri ancora non riuscivano a vedere. L’orrore che si insinua nella realtà, gli zombie che sono tra di noi. Michael Jackson is it.
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