Dal 5 luglio al 1° settembre, Palazzo Reale di Milano ospita la mostra Guido Pajetta. Miti e figure tra forma e colore, promossa e prodotta dal Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale e dalla Fondazione Guido Pajetta.
La rassegna ripercorre, attraverso 90 opere suddivise in 9 sezioni espositive, oltre sessant’anni di lavoro dell’artista milanese che ha avuto una posizione di primissimo piano nel panorama artistico del ‘900.
Nella sua lunga carriera Pajetta ha attraversato quasi interamente il secolo scorso, incontrandone gli stili e i personaggi più importanti ma, nonostante i numerosi sodalizi artistici e le innegabili influenze, rimane una figura anomala all’interno di questo contesto. Non gli interessa infatti legarsi e identificarsi con uno stile, tanto che si allontana da qualunque movimento artistico riconosciuto per non essere limitato nel proprio fare arte. È piuttosto un artista che dipinge spinto dal proprio inconscio, dalle proprie inquietudini, dal proprio istinto e dai propri demoni.
Guido Pajetta. Miti e figure tra forma e colore. Una figura eccentrica e libera nella propria indagine artistica
Divisa per ambiti tematici, Guido Pajetta. Miti e figure tra forma e colore, pone attenzione tanto ai rapporti di Pajetta con il panorama artistico milanese legato a Novecento e soprattutto a Sironi, quanto al suo successivo desiderio di entrare in rapporto con la produzione europea, e in particolar modo francese, con uno specifico interesse per il Cubismo e il Surrealismo. È proprio in questo ambito che Pajetta sviluppa una precisa attenzione per un realismo di marca introspettiva che lo accompagnerà nel tempo, facilitato da uno stile corsivo e antimimetico, a cui certamente giova l’adozione del colore acrilico a partire dal 1967.
Nel suo percorso Pajetta è attento a tutto e a tutti: nulla dei linguaggi artistici gli sfugge, tanto che spesso nella sua pittura si notano affinità con i numerosi autori con cui viene in contatto. L’inquietudine è il tema generale di questo pittore affannato, che cerca nella tela e soprattutto nel colore il senso della propria vita.
Il gesto pittorico di Pajetta, a volte leggero e veloce, altre volte graffiante e marcato, muta in continuazione. Ma se nel corso della sua carriera l’artista cambia la forma della sua pittura e si mantiene sempre in bilico tra figurativo e astratto, non è così per i contenuti, tutti riconducibili alla ricerca di sé e di sé nella storia. Pajetta ha saputo adoperare tanti linguaggi in funzione di quello che era il suo obiettivo di analisi interiore.