Il Museo di Palazzo Cipolla ospita a Roma, dal 17 ottobre al 10 gennaio, la mostra Manolo Valdés. Le forme del tempo. Personale dell’artista spagnolo di fama internazionale, che torna a Roma dopo ben 25 anni con una mostra fortemente voluta dal Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele, Presidente della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale che la promuove, ed è realizzata da POEMA in collaborazione con la Galleria Contini di Venezia, con il supporto organizzativo di Comediarting e Arthemisia. La rassegna è curata da Gabriele Simongini.
Manolo Valdés. Le forme del tempo, il percorso artistico e creativo di Manolo Valdés dai primi anni ottanta ad oggi
Settanta opere, provenienti dallo studio dell’artista e da importanti collezioni private, fra quadri e sculture in legno, marmo, bronzo, alabastro, ottone, acciaio e ferro, alcune delle quali di grandi dimensioni, ripercorrono il percorso artistico e creativo di Manolo Valdés dai primi anni ottanta ad oggi.
L’esplosione, curata da Gabriele Simongini prede le mosse dalla conclusione dell’esperienza di Equino Crónica gruppo di pittori pop art spagnoli, attivo dal 1964 al 1981, del quale Valdés è stato fondatore insieme a Rafael Solbes e Juan Antonio Toledo.
Nella ricerca figurativa e ludicamente visionaria di Valdés gli artisti del passato più o meno lontano (da Velázquez a Rubens e Zurbarán, da El Greco a Ribera fino a Léger, Matisse, Lichtenstein) diventano interlocutori con cui intrattenere un contatto giornaliero, a cui rendere omaggio e che ampliano lo spazio polifonico del suo lavoro. È come se l’immagine prelevata da Manolo Valdés nel passato più o meno recente si fosse trasformata recependo i mutamenti dell’arte successiva, soprattutto attraverso l’informale e la Pop Art, fino ad approdare in una nuova veste davanti a noi, con i buchi e le lacerazioni della materia impressi da questo lungo viaggio nel tempo.
Come scrive Gabriele Simongini, “l’opera-matrice, di capitale importanza per l’inesausto andirivieni di Valdés nel labirinto della storia dell’arte, è “Las Meninas” di Velázquez, soprattutto per quell’intreccio fra realtà ed illusione, per quel gioco con la verità e con le apparenze, che costituiscono il cuore di quel capolavoro e del barocco spagnolo ma anche del lavoro stesso di Valdés. L’artista riesce, quasi per magia, a conferire una tridimensionalità scultorea a figure e personaggi prima “condannati” alla bidimensionalità della tela, ed opera un continuo ribaltamento di ruoli nei valori plastici attribuiti alla pittura con la sua strabordante matericità e in quelli pittorici dati spesso alla scultura tramite l’importanza del colore, nonché nella sorprendente “materializzazione” plastica del disegno in opere di notevoli dimensioni ma dall’estrema leggerezza visiva e poetica.”