La Milano neorealista nelle fotografie di Nino De Pietro

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La Fondazione Luciana Matalon di Milano ospita, in collaborazione con Fratelli Alinari, Fondazione per la Storia della Fotografia di Firenze, la mostra del fotografo Nino De Pietro, dal 16 febbraio al 31 marzo.

Schegge di periferie: il Neorealismo a Milano questo il nome dell’esposizione curata da Maria Possenti, Emanuela Sesti e Italo Zannier. 70 foto da pellicola negativa Kodak in bianco e nero che De Pietro, con la sua inseparabile Leica, ha scattato a Milano tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta.

Nino De Pietro: la vita nella sua immediata realtà per strade di Milano

Punto di partenza e di ispirazione per le fotografie di De Pietro è indiscutibilmente il cinema neorealista italiano di Roberto Rossellini, Vittorio De Sica e Luchino Visconti di cui condivide la rappresentazione della vita nella sua immediata realtà, senza idealizzazioni o abbellimenti.

Un realismo poetico quello di Nino De Pietro che lo porta a osservare Milano e il suo divenire mettendo in luce scorci non convenzionali, luoghi spesso dismessi resi vivi dai sentimenti dei suoi abitanti, senza regole formali o imposizioni ideologiche, ma semplicemente raccontando il tempo presente.

Il fotografo percorre disordinatamente le strade di Milano eseguendo straordinarie sequenze fotografiche; un’indagine insieme distaccata e appassionata, oggi ancora più preziosa poiché capace di restituirci ambienti e persone ormai di perduta memoria.

I luoghi della vecchia periferia si accavallano tra loro: dai navigli e i cortili delle case di ringhiera dove sono ancora presenti le tracce delle incursioni aeree della seconda guerra mondiale, alla a neve a Sesto San Giovanni. Passando per le scritte sui muri, le tende da sole dei grandi condomini periferici, la ferrovia nel quartiere di San Cristoforo, la Trattoria del Risveglio, frequentata da Giorgio Gaber, le discariche e le loro sedimentazioni di “testimonianze ambientali”, le baracche di viale Plebisciti, il Vicolo dei Lavandai tanto caro a De Pietro da decidere di stabilirsi lì con il suo studio, la Fiera di Sinigaglia, gli oggetti di lavoro, le biciclette e i panni stesi ad asciugare, i tram e infine i manifesti del cinema e quelli strappati dai muri.

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