Dal 7 al 25 marzo la quadreria de La Triennale di Milano ospita The perception di Peter Demetz. Un progetto che prende il titolo dalla installazione principale presente in mostra, The Percepiton, una scultura in legno di grandi dimensioni che simula la virtuale continuazione dell’unico ambiente della quadreria verso due sale immaginarie oltre il muro.
L’istallazione The perception di Peter Demetz
L’installazione, accompagnata da altre quattro opere di piccolo formato dalla struttura architettonica e compositiva simile, simula la presenza di alcuni visitatori all’interno di uno spazio composto di due sale attigue. Lo spazio interno alla scultura ha un’altezza e una larghezza realistiche, ma una profondità compressa. Il pavimento dell’installazione è infatti ascendente, sfruttando le regole della “prospettiva solida accelerata”.
Nello spazio architettonico sono collocate alcune sculture lignee che raffigurano tre persone, due nella prima sala ed una nella sala di fondo. Le sculture, dall’aspetto estremamente realistico, non sono scolpite a tutto tondo, ma a rilievo, un rilievo ugualmente accelerato, come nella tradizione dello “stiacciato” rinascimentale.
Agli osservatori che accedono alla sala dall’ingresso opposto all’installazione si offre solo la visione frontale dell’opera, la quale restituisce, grazie anche ad un sapiente controllo della luce interna, la percezione di uno spazio in prospettiva, che fa apparire l’ambiente reale molto più profondo che nella realtà. Avvicinandosi, però, gli osservatori hanno la possibilità di interagire con la scultura, il suo spazio interno e le figure rappresentate, rendendosi conto dell’alterazione della profondità.
Oltre alle persone non c’è nulla, lo spazio è completamente vuoto
Peter Demetz intende descrivere una possibile situazione all’interno di uno spazio architettonico. Le due persone rappresentate in primo piano ne osservano una terza e ne percepiscono la presenza in relazione al contesto. Oltre alle persone non c’è nulla, lo spazio è completamente vuoto.
L’artista intende indurre così l’identificazione dello spettatore con le figure rappresentate e dello spazio reale con quello virtuale, come ci trovasse di fronte ad uno specchio. Lo spettatore è invitato a considerare se stesso, a interrogarsi, a riflettere, a immedesimarsi con l’opera d’arte.
Lo sguardo da un unico punto di vista fisso, su cui si basano le regola della prospettiva lineare e la struttura ottica e geometrica della fotografia, è in realtà una forma simbolica: una convenzione, cioè, cui ci hanno abituato secoli di pittura figurativa e successivamente di fotografia, per poter riprodurre e comunicare almeno una parte delle informazioni visive presenti nello spazio reale.