Fondazione Prada ospita la mostra Torbjørn Rødland: The Touch That Made You dal 5 aprile al 20 agosto 2018 negli spazi di Osservatorio, in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano.
Concepito e presentato inizialmente da Serpentine Galleries a Londra, il progetto a cura di Hans Ulrich Obrist e Amira Gad riunisce una selezione di più di 40 opere fotografiche e 3 video realizzati tra il 1999 e il 2016 dall’artista norvegese Torbjørn Rødland.
Come spiega Torbjørn Rødland, il titolo The Touch That Made You rimanda “ai processi analogici: il tocco della macchina fotografica, il tocco della luce che colpisce la pellicola, il tocco dei liquidi che scorrono sulla pellicola durante lo sviluppo. Ed è una cosa che collego alla complessità e all’intimità di alcuni soggetti – gli incontri tra due individui o tra oggetti e corpi”.
Torbjørn Rødland: The Touch That Made You. Controllo e Creatività
L’artista lavora con la fotografia analogica creando delle messe in scena costruite e precise. Nel suo processo creativo convivono una dimensione di controllo che esercita sulle persone e sugli oggetti all’interno del set e una componente di sorpresa e imprevedibilità, in quanto il risultato finale dei suoi sforzi è visibile solo quando l’immagine è sviluppata e stampata su carta fotografica.
Celebre per i suoi ritratti, le nature morte e i paesaggi, Rødland unisce alla chiarezza formale tipica dell’immagine commerciale uno sguardo personale e poetico, attraverso il quale trasforma parti anatomiche, oggetti quotidiani ed elementi naturali in feticci ambigui. I suoi lavori provocano nello spettatore una reazione ambivalente di repulsione e attrazione, intimità ed estraneità rispetto ai soggetti ritratti.
Al centro dei suoi lavori Torbjørn Rødland pone una forte componente di autoriflessione. Le sue nature morte e i ritratti, in particolare, sfidano le convenzioni stilistiche di questi due generi attraverso invenzioni visive che integrano elementi magici, surreali e soggettivi. Come spiega l’artista: “si potrebbero interpretare i miei ritratti coperti da parole o vernice come una violazione dell’individuo, ma io li considero una sfida alla tradizione della ritrattistica. Voglio fare ritratti che rimandino a qualcosa che va oltre l’individuo e quindi sono attirato dalle persone che penso mi possano aiutare a ottenere questo risultato”.